BRUCIATO, IL PAESE DI BENGODI: IL VIAGGIO IN ITALIA DI SADE

di Stefan Zweifel

A Roma, a Castel Sant'Angelo, ho visto un arco, non tanto grande, che era appartenuto a uno spagnolo il cui esclusivo piacere consisteva, per mezzo di tale arco, nel tirare (senza motivo alcuno, al solo scopo di annientare degli esseri umani), sulla folla, sia in strada che sulle pubbliche piazze o all'uscita delle chiese dopo la messa.
Questa stravagante follia, di compiere il male unicamente per il piacere, costituisce una delle passioni umane che meno sono state sceverate.

D.A.F. De Sade, Viaggio in Italia

Nel settembre del 1776 nel castello avito di Sade, il castello di La Coste in Provenza, arriva una strana cassa: in mezzo a piatti saraceni, monete romane e anfore greche, in mezzo a conchiglie fossili, frammenti di rocce vulcaniche del Vesuvio e di salnitro della solfatara, accanto a un'opera in quattro volumi dal titolo Prewes de la Religion compare, come è detto nell'inventario, un "piccolo ermafrodita" - minuscolo segno che Sade in Italia ha sperimentato l'enigmatica funzione della dialettica sadomasochistica, un pensiero che, lungi dall'acquietare gli opposti in una sintesi omogenea, celebra l'eterogenità nella figura dell'ermafrodito.
Et in Arcadia ego. Questo sogno poetico Sade lo trasforma in incubo, giacché nel suo terzo e ultimo viaggio in Italia (1775-76) non fa, ad esempio a Capri, che muoversi sulle orme di Tiberio, vagheggia di far precipitare dalle rocce negli abissi blu esseri umani, di dare in pasto ai pesci nella vasca, perché la loro carne diventi più gustosa, fanciulli nudi. E scopre la bellezza del male compiuto per puro arbitrio. Precorre così il "più elementare gesto surrealista" il quale, stando al Secondo manifesto del surrealismo di André Breton, consiste nello «sparare con una pistola a caso sulla folla per strada».
I surrealisti peraltro provvederanno a che il satanico Sade si tramuti nel suo contrario, nel "Divino Marchese". Come già in precedenza Apollinaire, avevano tratto fuori dall'Enfer della Bibliothèque Nationale i suoi scritti ponendo le basi di quella campagna pubblicitaria rappresentata dall'edizione storico-critica in tre volumi e facendoli assurgere all'empireo della Bibliothèque de la Pléiade: L'enfer sur papier bible.
Sade, quindi, trentaseienne, è seduto nel castello avito di La Coste, dove si gela ma lo riscalda l'idea che sua moglie e un prete hanno fatto incetta per l'inverno nei paesi provenzali limitrofi di ragazzine, e anche di ragazzini che egli assume sì in veste di "segretari" ma che, come le loro prove di scrittura a tutt'oggi dimostrano, erano analfabeti.
Sade, quindi, è seduto lì, in attesa delle notti in cui si dà alle sue dissolutezze, e nella sua fantasia guizzano ancora – come le fiamme dal terreno vulcanico della piana di Pietramala, fiamme violette – i ricordi del soggiorno italiano. Ricordi del paese che nel 1772 ha visitato insieme alla bella sorella di sua moglie, Anne-Prospère dopo esser stato costretto a fuggire per non finire nelle mani degli sgherri della polizia a causa del cosiddetto "affaire di Marsiglia": in quella città Sade se l'è spassata in compagnia del domestico La Jeunesse e di quattro prostitute. In un ribaltamento del rapporto padrone-servo egli ha chiamato "padrone" il suo domestico e si è fatto trattare da lui come "servo" e si è lasciato frustare. Sulla mensola del camino ha inciso con la mano il numero dei colpi, centinaia di colpi, inflittigli dalle prostitute con una piccola scopa, giacché al momento non c'era a disposizione una frusta professionale. Aveva dato loro, come Casanova, dei confetti afrodisiaci di cantaride e loro cominciavano a sentirsi male, allora presto verso il culmine del piacere: si fa sodomizzare dal domestico.
Ne consegue la condanna alla pena capitale ma dato che l'autore del misfatto si è dato alla fuga, sulla piazza del mercato di Aix-en-Provence si procede all'esecuzione in effigie, come si diceva allora, bruciando un fantoccio di paglia. Lui invece, travestito da prete, attraversa il fiume per raggiungere il confine italiano su una zattera. Allo stesso modo un quarto di secolo più tardi la sua eroina Juliette oltrepasserà non solo il confine italiano, ma anche tutti i confini della logica: comincia a inebriarsi di vino e oppio – l'Italia come paradiso artificiale.
Per Sade, invece, si tratta di un paradiso reale. E' stato messo in dubbio più di una volta il viaggio con l'avvenente Anne-Prospère – la quale era scappata da un convento e sul suo cavallino corso aveva già fatto girare la testa allo zio di Sade, l'Abbé Sade – perché l'amore per le due sorelle così diverse presenta troppe analogie con le future eroine Justine e Juliette. Ma nel 2003 sono saltate fuori nuove lettere di Sade in cui lo scrittore parla di "inceste" e descrive Anne-Prospère come un "angelo divino" - sì, a quell'epoca in Italia egli è letteralmente travolto da un'euforia che esploderà ancora quando, nel corso della sua carcerazione a Vincennes e alla Bastiglia protrattasi per dodici anni (1777-89), egli evoca, raccontandole al domestico La Jeunesse le gioie di quel viaggio. Tutti i vini, Falerno, Montepulciano, Tocai, Romanée Conti e Jerez, che hanno bevuto e le cui vigne il buon Dio ha fatto germogliare così in prossimità delle "f[iche]" di Hyacinthe, Augustine, Aurora e Fatima.
Nel 1780 Sade scrive al suo domestico una lettera che i surrealisti pubblicheranno sulle loro riviste come una delle primissime testimonianze di écriture automatique dove il suono della lingua eclissa il senso delle parole – Sade attinge una lingua di mera sensualità:
«Come, vecchio emp... scimmia con il volto mobile imbrattato di succo di more, palo della vigna di Noè, lisca del dorso della balena di Giona, vecchio fiammifero per accendere la miccia a un'estremità... candela rancida, di quelle da ventiquattro per una lira, cinghia imputridita del letto da campo di mia moglie... Tu non mi hai fatto scoprire nessuna isola, questo me lo dici in faccia, tu e i tuoi quattro compagni della fregata piatta a babordo, che cola e affonda davanti al bacino di Marsiglia, voi non mi avete scoperto alcuna isola, non mi avete scovato nemmeno un ette in un solo mattino? Ah, zucca disarmata, condita nel sugo di cimice dei letti, vulva-omaso del diavolo con escrescenza crestata, boccaccia di merluzzo dalle orecchie allungate d'ostrica, ficcata in lerce dissolute bagasce e nella biancheria insozzata delle cose rosse di Milli Printemps, quando ti acchiappo di infinocchierò ben bene, tu lurido grugno di polposo posteriore da spiedo che occhieggia a mo' di castagne carbonizzate dalla biancheria, ti insegnerò io a mentire così».
Da un tale stato d'animo Sade viene di nuovo colto allorché, durante la Rivoluzione, tira fuori i suoi vecchi appunti sul viaggio in Italia e un quarto di secolo dopo con Juliette (1797-1801) torna a vagare per l'Arcadia alla ricerca di piaceri. Il viaggio di Juliette attraverso la spazio della memoria sadiana è affatto surreale: sull'Appennino la fanciulla viene sorpresa dal gigante Minski che attraverso cupi corridoi la conduce nel suo castello, passando accanto ai cumuli di teschi delle sue vittime in quanto Minski promette una dieta tutta speciale: carne umana. Su corpi nudi congiunti e intrecciati a formare tavoli vengono serviti i lombi della domestica di Juliette e i piatti caldi provocano un sommovimento che ricorda le onde del mare – tanto sconfinato è il piacere oceanico.
Minski è così enormemente fornito – il glande ha l'estensione di un cappello alla moda – che può fare a meno di un capo-macellaio nella propria dimora. Poco dopo il principe di Firenze fa danzare delle coppie nude al suono della musica ed esse in base al ritmo devono intuire le posizioni sessuali da assumere – se così non avviene alle donne incinte vengono impressi sul corpo con un ferro rovente i particolari della loro pena capitale. E a Bologna cento monache con cento Godemiché eseguono una carola che battezzano con il nome di "rosario".
Nella cornice dialettica s/m tutto si rovescia nel proprio contrario: fottere invece di pregare, dieta di carne umana, lettere roventi sul ventre-cartabianca delle donne incinte, musica lieta per il Totentanz.
Oppure in precedenza a Salerno: Juliette giunge colà dopo aver celebrato in San Pietro una messa nera con il Papa che preliminarmente le ha tenuto una dissertazione sull'assassinio e la sua giustificazione, nel corso della quale – come più avanti Horkheimer/Adorno constateranno – dovrà far ricorso a "meno sofismi" di quelli a cui deve ricorrere San Tommaso per condannare l'assassinio stesso. Una messa nera celebrata sull'altare a Roma, durante la quale la pietra si trasforma in carne nei lombi di marmoreo biancore di un fanciullo fra i quali il Papa fa penetrare sulla punta del suo membro spaventosamente "nerboruto" e "rigido" un'ostia affinché davvero il pane si tramuti nuovamente in carne.
A Salerno dunque Juliette visita un manicomio dove si agitano ogni genere di pazzi. Uno attraversa il cortile credendosi Gesù Cristo, talmente identificato nel suo ruolo che si lascia volontariamente fustigare e inchiodare a una croce, poco prima hanno fatto la loro comparsa un vecchio rimbecillito che si ritiene il Padreterno e una donna convinta di essere la Santa Vergine – sì, il paradiso al completo si agita in quell'inferno.

Anche la scena paradisiaca della cocagna durante il carnevale di Napoli si ribalta, per via delle aggressioni rimosse, nel proprio contrario:

Il la al carnevale di Napoli l'ha dato l'assalto al paese di cuccagna, lo spettacolo più barbaro al mondo che si possa mai immaginare. Su una grossa costruzione di legno a vari piani, sopra uno sfondo dipinto di carattere rustico, viene esposta e distribuita una quantità enorme di commestibili che diventano a loro volta parte del décor: oche disumanamente crocifisse, polli arrosto, tacchini che ancora vivi vengono appesi per mezzo di due o tre chiodi mentre il popolo gode e si delizia alla vista dei loro spasmi convulsi [...] Le cose non possono svolgersi pacificamente tra due aspiranti a un'oca o a un pezzo di manzo. Sarà necessariamente la morte dell'uno o dell'altro a decidere. Sono stato testimone oculare di una tale atrocità che mi ha fatto rizzare i capelli in testa. Due uomini litigavano per una vacca squartata a mezzo: l'oggetto del contendere, lo ammetto, valeva la pena. Ecco che già estraggono i coltelli. A Napoli e a Roma questa è l'unica risposta in caso di alterco. Uno dei due stramazza a terra in un lago di sangue. Ma al vincitore resta ben poco tempo per rallegrarsi della propria vittoria. [...] Sotto il peso della mezza vacca stramazza a sua volta sul cadavere del rivale. Carne, feriti, morti, sono una sola e medesima cosa.

In questa versione dei suoi appunti di viaggio (Voyage d'Italie) lo spettacolo infernale viene solo accennato, più tardi nell'Historie de Juliette attorno al paradisiaco albero della cuccagna, che reca in cima non una mela ma prosciutti e salsicce, la scena si amplia in una scena di macelleria, in autentico "teatro della crudeltà".

Ma già qui, in questa versione inoffensiva, i confini fra morte e vita, alto e basso, si confondono, già nel 1776 l'occhio di Sade coglie in Italia quell' "ab-ietto" ed eterogeneo che la ragione stralcia ed esclude. Gli uomini che durante questo "assalto al paese di cuccagna" volevano gozzovigliare e riempirsi la pancia finiscono loro stessi per essere divorati dalla propria rovina, la costruzione di legno che esibiva la "cocagna" si trasforma in una scena di macelleria, in piatto di portata su cui è imbandito un macello.

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