di Enzo Santese
La pittura si presenta come un campo di concomitanti tensioni figurali dove la forza combinatoria del colore e del segno fondono artificiale e naturale, fisico e virtuale in un'oscillazione continua dall'uno all'altro polo della dialettica superficie-profondità; questo crea la dinamica concettuale dell'opera, nella quale si organizzano molteplici energie capaci di attraversarla in un fitto reticolo di direzioni interpretative.
L'assunto che l'artista è inventore di mondi resi credibili dalla forza della sua stessa creazione trova in Dany Vescovi una probante conferma: l'occhio dello spettatore è attratto come al vetro di un'enorme vasca dove fluttuano leggere realtà lamellari o consistenze floreali trasparenti, aggrappate a uno sfondo che è esso stesso limite e nel contempo allusione di ulteriore profondità.
L'operazione è quella di trasgredire l'ordine logico di vedere le cose, assegnando loro un ruolo diverso da quello stabilito nella consuetudine conoscitiva; in tale capovolgimento degli effetti sta gran parte della sostanza pittorica di questo artista, in cui convivono assonanze con la tecnica fotografica, aperture da "messa a fuoco", manualità tradizionale nella stesura, memoria e presenza di acquisizioni telematiche.
Una lente d'ingrandimento ingigantisce i dettagli più insignificanti del mondo circostante (soprattutto vegetale) e li trasforma in protagonisti assoluti di un universo surreale, dove le cose sono diventate presenze che si affermano in macrodimensione secondo una tecnica di derivazione fotografica. In tal modo i dipinti di Dany Vescovi sono paesaggi fantastici dove il fascino dell'amplificazione figurale si misura in una composizione senza alcuna traccia d'eventuale riconoscibilità.
In un'operazione opposta a quella della messa a fuoco l'artista sfibra i contorni e il corpo della figura fino a coglierne l'essenza primaria; il tutto mentre la luce che si deposita sulle forme ha un'intonazione fredda, di matrice elettronica.
La fotografia costituisce quindi l'innesco generatore di un processo costruttivo che parte dall'attenzione a elementi diversi della naturalità, fiori, brani vegetali, fondi marini, forme dell'ambiente ridotte a figure geometriche approssimative, mentre viaggiano in uno spazio denso di materia trasparente.
L'artista procede poi a ingrandire alcune parti esaltando la fisionomia di alcuni dettagli: il soggetto così selezionato viene dipinto con un primo intervento di definizione, dopo con una graduale perdita dei suoi connotati fondamentali. Il gioco di sfumature e ritocchi ridefinisce i contorni in una sorta di parvenza incerta, che pare collocarsi ai margini della consistenza fisica. Da un'iniziale messa a fuoco a una finale perdita di fuoco si consuma un itinerario di ridefinizioni ridotte a consistenze segniche primarie, sperdute in un ambiente fluido che allude a una profondità posta in dialettica rilevanza con la superficie; qui bande verticali colorate con aloni regolari sono elemento di raccordo tra lo spaesamento prodotto dalla pittura e il senso di una geometria lineare, razionale punto di incontro di un occhio che commisura il fluttuare in lontananza di un'indistinta aggregazione di forme che hanno smarrito quasi completamente le sembianze anatomiche.