di Alessandro Riva
In alcune occasioni i fiori devono avere una certa importanza e allora la scelta cade sulle orchidee. In questo caso è meglio scegliere piccole orchidee su un lungo ramo: sono le più eleganti e leggere, anche se avranno una durata inferiore rispetto alle specie a grande fiore. L'orchidea può essere donata anche da sola soprattutto se in una elegante confezione.
Dany Vescovi dipinge fiori. Non so se avete presente che cosa voglia dire questo nel 2004: dipingere fiori. Dalla rivoluzione operata dalle avanguardie storiche del Novecento in avanti, un artista degno di questo nome non avrebbe dovuto tornare a dipingere neppure un solo fiore, se avesse voluto avere anche solo una minima chance di essere in qualche modo considerato dai critici d'arte più in voga, dai suoi colleghi e più in generale da quel complesso, ipocrita e fatuo meccanismo che va sotto il pomposissimo nome di sistema dell'arte. Dany Vescovi, invece, dacché è venuto al mondo (dell'arte), si dedica unicamente a questa attività: dipingere fiori. Li cerca, li seleziona, li fotografa, e infine li rielabora mescolando la lezione delle tecnologie digitali (per lo studio della composizione) e quelle della pittura pura (per la trasposizione su tela). Il suo è, all'apparenza, il lavoro dell'antico pittore dei salotti buoni della borghesia europea, o, ad andar bene, del certosino creatore di nature morte secentesche. E', appunto, "il pittore de' fiori", secondo l'accezione più tradizionale – e massimamente dispregiativa, oggi – del termine.
Gli antichi Cinesi attribuivano significati speciali alle varie piante spontanee e a quelle che coltivavano. I fiori venivano anche usati nei riti religiosi. In origine ognuna delle loro composizioni floreali conteneva un solo tipo di fiore; in primavera le peonie e i fiori di pesco erano i più usati, il fior di lotto era il simbolo dell'estate e il crisantemo dell'autunno. In inverno si usavano i fiori di susino, i narcisi bianchi e i rami di pino.
Dany Vescovi dice – ma va valutato con attenzione quanto valga o meno la pena di credere a ciò che gli artisti sostengono circa il proprio lavoro – di non essere particolarmente interessato al soggetto dei quadri. Dice che il soggetto è un puro pretesto visivo per un lavoro sulla pittura. Dice di non conoscere affatto, o in maniera approssimativa, il nome dei fiori che di volta in volta sceglie, e che in ogni caso questo gli è del tutto indifferente. Dice, infine, di essere più interessato ai colori che alle forme dei fiori.
Una certa attenzione va posta nella scelta del colore, perché anche a questo viene attribuita una certa simbologia. Le corolle rosse, in particolare se di rosa, hanno un significato ben preciso, quello di amore ardente. Attenzione anche a non regalare un fiore giallo alla fidanzata, perché è simbolo di tradimento. Il bianco, di solito, è invece riservato alle spose, o a ricorrenze quali battesimi, comunioni o cresime, ma è comunque sempre un colore raffinato.
Fin dalla prima volta che l'ho visto, tra la metà e la fine degli anni Novanta, quello di Vescovi m'è apparso subito come un lavoro incentrato in massima parte intorno all'antico concetto di "meraviglia". La meraviglia è, per Dany Vescovi, identificabile ancora, e nonostante tutto, col mondo naturale. E' strano, quasi sorprendente, che il mondo naturale torni all'improvviso al centro del pensiero e dell'attenzione di molti artisti cresciuti in mezzo a quella generazione che sta a cavallo tra il tragico secolo delle guerre e delle avanguardie – il Novecento – e questi bizzarri e quanto mai minacciosi anni Duemila che ci stanno proprio ora davanti. Ma forse è inevitabile che sia così: perché, passata la sorpresa, la malinconia e finanche il desiderio di ritorno alle origini dettati dalle ultime code di rivoluzione industriale, questa generazione, vissuta sulla coda delle avanguardie ma con più d'un occhio al futuro, non poteva in fondo che tornare a fare quotidianamente i conti con la progressiva abolizione di confini tra mondo naturale e artificiale, tra paesaggio reale e paesaggio digitale, in breve tra il reale e la sua immagine: laddove tutto è diventato immagine, ben oltre le più fosche (o rosee, a seconda dei punti di vista) previsioni dei profeti della comunicazione diffusa, il confine tra ciò che abbiamo visto e vediamo "dal vivo" e ciò che invece vediamo in immagine – sia essa filtrata dal nostro stesso apparecchio fotografico o rimandato da internet o dallo schermo televisivo – si fa sempre più labile nella nostra stessa percezione delle cose e della realtà. Ecco allora che il lavoro di Dany Vescovi intorno alla percezione – percezione del mondo, del reale, del mondo naturale filtrato ora dallo schermo delle moderne tecnologie digitali ora da quello più che mai antico della pittura – si rivela quantomai puntuale e significativo: perché se non è certamente più, come poteva avvenire nell'ultimo scampolo di mondo governato ancora, e nonostante tutto, dalle leggi della natura – alla fine del Settecento, più o meno – lo spettacolo della natura in se stessa, con le sue tempeste, i suoi drammi e sconvolgimenti, a colpirci i sensi e lo sguardo, come in un ultimo sussulto prima della prevista fine di un mondo (e della visione di un mondo), è tuttavia, di fatto, la constatazione dell'esistenza stessa del reale – e dunque massimamente del naturale – a coglierci ancora di sorpresa. Proprio nella meraviglia, dunque, di fronte alla persistenza delle forme della natura, e nella loro decrittazione e decifrazione e modulazione secondo i canoni vuoi della fotografia digitale e del pixel televisivo cui ci hanno abituati i mille e mille documentari che ci sono stati imbanditi fin da bambini (ma anche le migliaia e migliaia di foto che noi stessi scattiamo ogni giorno in ogni parte del globo), vuoi della pratica pittorica pura (e in questo mescolarsi di astrazione e di figurazione tipicamente vescoviano c'è una perfetta metafora del dipingere in se e per sé, al di là e al di sopra delle definizioni di comodo - nuova figurazione, neoastrattismo etc. - che da sempre ammorbano la scena artistica mondiale), in questo senso puro e semplice di meraviglia, dicevo, si trova in fondo la chiave per poter cogliere il senso più profondo del lavoro pittorico, ma anche di ricerca sulle complesse forme della natura, di Dany Vescovi: la meraviglia verso un mondo che, malgrado tutto, esiste ancora (quell'universo "piccolo e perfetto" che l'artista annotava anni fa di aver scoperto vagando con la macchina fotografica in mano alla ricerca di immagini "naturali" da fissare nel suo obiettivo macro), e che nessuno si illude, oggi – tantomeno Vescovi - di poter riprodurre in maniera ingenua o sentimentale, essendo ormai scaduto, per tutti noi, il tempo dei rimpianti per un mondo perduto e quello del sentimento; ma di cui tuttavia l'artista può riprodurre la radiografia, lo scheletro, lo spettro – spettro fotografico, e allo stesso tempo anche spettro pittorico – attraverso un complesso procedimento che mixa, come già avveniva nella musica techno, l'immagine fotografica della "cosa" ritratta e il suo doppio artificiale, il colore naturale e la scala di toni e di colori dei procedimenti di stampa, le vibrazioni "calde" della pittura e la selettiva e glaciale freddezza della fotografia digitale. Mixando, insomma, pur attraverso quel procedimento altamente alchemico e sentimentale che è proprio della pittura, le immagini del reale e i ritmi, i colori, i procedimenti della realtà artificiale, così come ci siamo abituati a conoscere e a praticare in questi ultimi decenni.
Quest'anno il marchio J. Extra presenta nuove proposte nella produzione di composizioni e fiori artificiali e porta in casa l'incanto di giardini fioriti. Fantasia, invenzione e creatività hanno dato vita ad un'originale composizione d'arredo che personalizzi con eleganza ogni ambientazione. Sono i giardini "White" e "Etno", che nelle loro forme sinuose ben si adattano ad ogni arredamento. Ogni composizione consiste in fiori artificiali, decorazioni in sassi naturali, sabbia colorata, graniglia o acquagel. Grosse novità anche nel settore degli aspirapolvere e aspiraliquidi. La B. SpA sta lanciando sul mercato il primo robot multifunzione per aspirare, pulire e lucidare pavimenti di ogni tipo premendo semplicemente un bottone. Un autentico "domestico" per la casa, frutto della più avanzata tecnologia nel campo della robotica e dell'informatica. "Orazio" aspira, spazza e pulisce con un panno bagnato o asciutto; il suo display LCD ha 12 funzioni e...
Il lavoro di Dany Vescovi si è caratterizzato in questi anni soprattutto per la felicità e l'originalità del suo linguaggio, che mescola in un unicum coerente e sorprendentemente sensuale gli stimoli provenienti dalle suggestioni della tecnologia digitale e quelli della pittura: in questo senso va letta la recente introduzione di una serie di griglie verticali (che rimandano indirettamente a un possibile linguaggio da codice binario, o da scansione elettronica), volte a spezzare il soggetto originale del quadro e a duplicarne o a triplicarne l'immagine, offrendo così un effetto di dinamismo alla composizione, ma anche un effetto di inevitabile straniamento, di presa di distanza dall'immagine riprodotta da parte dell'osservatore, quasi esso si trovasse di fronte alla vaga struttura - la cui comprensione finale è destinata fatalmente a sfuggirgli - di un qualche remoto linguaggio digitale, di cui non è più in grado di riconoscere i codici di accesso né gli strumenti interpretativi. Il lavoro di Vescovi si caratterizza così soprattutto all'insegna della reinterpretazione e della reinvenzione delle forme del mondo (a partire, non a caso, da quelle più elementari della flora terrestre, primo passo ideale per una ricostruzione ideale di un proprio personale e "altro" universo), che ha il suo punto focale nella constatazione dell'impossibilità, oggi, di ragionare ancora sull'immagine - compresa quella strettamente pittorica - prescindendo dal linguaggio che i nuovi media ci offrono e, in definitiva, ci impongono quotidianamente. Quello di Vescovi è insomma un ragionamento e una riflessione sul significato delle immagini del reale, e nello stesso tempo di ridefinizione delle coordinate che siamo soliti usare e con le quali siamo soliti guardare alle immagini che il mondo ci butta costantemente addosso. Un lavoro, a ben vedere, di reinterpretazione e di reinvenzione delle forme del mondo, attraverso lo scavo nell'infinitamente piccolo (dai fondali marini di qualche anno fa ai fiori transgenetici di oggi), di decontestualizzazione delle immagini dal loro significato originario e di avvicinamento – o di presa di distanza - tra realtà naturale e mondo artificiale. Quello di Dany Vescovi si connota perciò soprattutto come un lavoro di ricerca sulle mille, infinite forme possibili del mondo, e sull'altrettanto infinita possibilità di vedere il mondo con altri occhi rispetto a quelli convenzionali.
Un ultimo consiglio: Se si offre un mazzo di fiori di una sola specie sarebbe comunque meglio che il numero dei fiori fosse dispari, soprattutto se il destinatario è un po' superstizioso.